Per la prima Biennale Letteratura – Ambiente (1986) andiamo ad Albareto di Modena a gemellarci con gli alberi del Giardino di Mario Molinari, dissipato e sognatore impareggiabile. Così gli esterni del Laboratorio toccano la natura, e non sarà l’unica occasione. Qui l’idea di una Biennale Letteratura/Ambiente prende forma: si inizia con “Le radici della poesia”, l’evento e il libro. In virtù di simili continue escursioni in spazi urbani e non, la rivista Steve, assume le caratteristiche di “rendiconto del vivere poesia”, non solo di testualità. La collana dei “Libri di Steve” nasce così. L’antologia di Steve costituisce un capitolo a parte nella storia del Laboratorio. Qui stiamo selezionando solo alcuni frammenti di vita.

Procediamo in ordine cronologico:

 

1986: tema gli alberi (Le radici della poesia)

Presto tutto il giardino formicolerà di lucciole
piccoli lampi di magnesio per fare la fotografia
ai volti ipnotici e medianici dei fiori.

(Corrado Govoni)

 

 

 

1988: tema gli uccelli (Il richiamo della poesia)

Il volo è lento, penetra a fatica
nell’azzurro che s’apre oltre l’azzurro,
nel tempo ch’è di là dal tempo
(Mario Luzi)

 

 

 

1990: tema i fiumi (Il corso della poesia)

Primo nel gorgo e primo nel divenuto piano
(Elio Grasso)

 

 

 

1992: dopo terra, aria, acqua, il quarto dei classici elementi (I nomi del fuoco)

Dateci qualche cosa che bruci…
(Primo Levi)

 

 

 

 

1994: ritorna in altra forma l’idea di “abitare la poesia” (La casa)

Non sogno più castelli rovinati…
(Aldo Palazzeschi)

 

 

 

1996: tema la voce e la sua assenza, nello spazio della parola (Il silenzio)

Impalpabili voci quasi trasparenti…
(Giorgio Caproni)

 

 

1998: tema il recupero della cultura urbana (I monumenti). L’antologia esce nel n. 18 di STEVE.

I silenzi rettilinei di questa strada di piombo…
(Carlo Carrà)

 

 

Steve - 18

Steve – 18

 

 

 

 

Passato un certo fiume, oltrepassati i prodigi più incerti – maschere e contorni appannati, nebbie, incensi, volteggi a cielo aperto, consolle, divani, stradivari in appoggio a un giro in sol minore; e tutte quelle luci, tutte quelle bruciature nel vento, quel muoversi di uomini e donne, quel vociare di generazioni, quelle chiamate interurbane, quel filo diretto con la passione, quei filari infiniti di libri, quei diluvi, quelle giostrine all’aperto sognando i marmi di un palazzo, quel verde che dirompe sotto la soglia dalla lampada sempre accesa – entriamo nella parafrasi di una nostra condizione poetica dilapidata in un ennesimo circo, fuochi fatui stampati sui nostri visi concreti.